RELAZIONE DI TIROCINIO



di Barbara Martini

LA MOTIVAZIONE

Riflettendo a posteriori sull’esperienza di tirocinio svolta, mi viene da ripercorrerne tutta la storia e tutte le tappe fin sino alla decisione e alla scelta della struttura. Tale scelta non è stata per nulla casuale, ma anzi direi meticolosamente programmata dentro di me già da diverso tempo. Si può dire che ho colto l’occasione davvero propizia del tirocinio per fare ciò che da tempo mi ero ripromessa : visitare la Comunità Terapeutica Educativa per tossicodipendenti e devianti di Pesaro "L’Imprevisto" e ho, come dice il famoso proverbio, unito l’utile al dilettevole.

I fattori che hanno determinato la scelta di questa struttura sono stati fondamentalmente due: uno professionale e uno affettivo. Ritengo opportuno descrivere brevemente queste due concause perchè personalmente mi hanno motivata (e in seguito anche gratificata)-semmai la mia grande curiosità ne avesse necessità- ad approfondire, a riflettere lungamente e a cercare di connettere questa esperienza con il mio bagaglio personale e professionale.

Affettivamente l’ho scelta perchè un mio carissimo amico , ex-tossicodipendente, ha svolto con grande successo lo stesso programma terapeutico ed educativo, non nella stessa comunità ma con lo stesso responsabile, che a suo tempo avevo conosciuto e apprezzato per le grandi doti educative-carismatiche che aveva espresso. In seguito ho avuto occasione di rincontrarlo in sedi diverse, formative e lavorative dove ha presieduto corsi specifici : ho sentito molta sintonia col suo approccio e metodo così , anche da un punto di vista professionale, ho pensato che questa scelta potesse essere positiva per me.

Forse, (chissà) senza queste motivazioni non avrei investito tempo, denaro, energie maggiori di quelle richiestemi dal corso ; infatti dato il tipo di programma -piuttosto vasto-, e l’ordine delle giornate comunitarie, le mie previste trenta ore mi avrebbero permesso di osservare ben poco, non facendomi "entrare" nel vivo del quotidiano, escludendomi dalla molteplicità di alcuni aspetti comunitari. In seguito a ciò, ho deciso di prolungare deliberatamente le ore di tirocinio fino a quando l’ho ritenuto opportuno; giusto il tempo di superare la fase di ambientazione e calarsi appena oltre la superficie di come si presentano i contesti. Dopo questa parte introduttiva sulla motivazione passo a quella descrittiva della struttura.

L’UBICAZIONE

La Comunità è situata ad 1 Km immediatamente fuori Pesaro, proprio lungo la strada statale n°16 ed è divisa dalla spiaggia e dal mare antistante solo dalla linea ferroviaria.

Quando vi sono giunta per la prima volta sono rimasta colpita dalla bellezza di questa struttura e dal suo contesto paesaggistico. Si sopraggiunge ad essa trovandosi con i monti alle spalle, quelli marchigiani che sono a ridosso del mare, e poi di fronte ci si trova questa bella villa antica stile fine ‘800 gialla, immersa in un ampio parco verde con tanto di cottage, patio, cavalli, campi vari e sullo sfondo la spiaggia e il mare.

Ho subito pensato che fosse esteticamente quanto di meglio si possa desiderare da una comunità. Tutto l’ambiente si presentava estremamente curato e pensato ; dai colori dei fiori delle aiuole, alla disposizione dei camminamenti nel giardino: ho capito che in quel luogo nulla era lasciato al caso, nemmeno il panorama.

LA STRUTTURA

Questa consta precisamente di una grande villa ristrutturata di recente, e circondata da un vasto parco alberato e con annessa anche la spiaggia privata di fronte ad essa.

L’edificio comprende, nel reparto giorno -al pian terreno- di un grande salone per la refezione, le riunioni e le ricreazioni, la cucina attrezzata in modo "alberghiero", una dispensa, un altro salone per le riunioni e la ricreazione, usufuribile anche come sala TV e spazio ludico, e adibito al mercoledì mattina alla riunione dell’équipe terapeutica; un’altra saletta di ricreazione; la sala della direzione; la sala per i colloqui; la sala per la segreteria, lo studio degli educatori, la stanza del centralino e 2 bagni. Il reparto notte è situato al 1° e al 2° piano e comprende in una sua ala 5 camere di cui 1 dell’educatore, 3 servizi igienici, l’altra ala comprende 10 camere, 6 servizi igienici e un ampio terrazzo. Negli scantinati della villa invece sono situate la stireria, la lavanderia e un ampio laboratorio di vario utilizzo.

All’esterno della villa una parte del terreno è stata adibita a campo da calcio, e su un’altra parte è stato costruito un campo polivalente di pallacanestro, pallavolo e minicalcio,sempre nel giardino a pochi metri dalla villa c’è una piccola stalla dove vivono due bei cavalli; una parte del terreno adiacente è adibita per loro a pascolo e campo da allenamento. Nel centro del parco c’è un piccolo cottage con una cucina una sala 2 bagni e 4 camere da letto.

 

 

 

L’UTENZA

La Comunità ospita adolescenti devianti e tossicodipendenti e si propone come obiettivo primario, il recupero di ragazzi già tossicodipendenti oppure con evidenti difficoltà a livello personale e sociale.

Le persone accolte sono di entrambi i sessi (al momento risiedono 3 ragazze e 25 ragazzi) con un’età che va dai 13 ai 38 anni. I ragazzi presenti sono stati coinvolti in modo più o meno occasionale in esperienze di delinquenza, oppure in gruppi a rischio. Molti altri sono stati coinvolti nel giro della tossicodipendenza, altri vivono un disagio psico-relazionale, sono magari ragazzi caratteriali; molti di loro sono in struttura per scelta , altri invece (i più difficili, proprio perchè poco motivati ) sono obbligati alla Comunità da Organi Giudiziari.

In alcuni casi la comunità non propone la residenzialità, ma può apportare il proprio sostegno con colloqui sporadici e specifici (aiuto nella ricerca del lavoro, recupero scolastico ad esempio).

Convivono così ragazzi maggiorenni e minorenni insieme anche con tipologie diverse; i maggiorenni in particolare vengono scelti oculatamente affinchè disparità ed esperienze da essi vissute troppo negativamente non incidano sui più giovani.

La presenza dei maggiorenni in struttura, oltre a rappresentare per il gruppo dei più piccoli la figura dei "fratelli maggiori", rappresenta positivamente quelle che potrebbero essere le conseguenze di un rimedio non effettuato precedentemente, costituiscono figure tranquillizzanti e motivanti le persone più piccole.

In Comunità non sono presenti e si escludono i ragazzi psicotici e le persone con handicap evidenti; tutti i ragazzi vengono selezionati tramite colloqui personali al fine di poter offrire e svolgere un intervento più adeguato, uniforme e qualificato: l’équipe crede molto in questo.

I colloqui vengono fatti da una psicologa per la parte diagnostica, mentre la parte anamnestica e propedeutica è svolta da una pedagogista.

Nei colloqui viene coinvolto anche il nucleo familiare oltre al ragazzo: alla funzione dei colloqui è assegnata una grande importanza, perchè oltre a verificare la situazione del ragazzo, devono introdurre lui e la sua famiglia all’esperienza che andranno a svolgere in comunità.

L’impegno e l’interesse della comunità verso la famiglia dell’ospite è grandemente osservato e perseguito, infatti secondo l’équipe, un buon risultato sul ragazzo si deve misurare con il grado di coinvolgimento e di cambiamento che la sua famiglia ha assunto grazie all’intervento e al lavoro intrapreso in Comunità.

Si ritiene che il ragazzo deve, per quel che è possibile, essere lasciato libero di optare per la Comunità: si pensa che una scelta imposta con forza non favorisca di esperire appieno le possibilità educative-terapeutiche che l’esperienza della Comunità può offrire.

L’ÉQUIPE TERAPEUTICA

Il personale dell’ équipe terapeutica è molto vario, ed è composto da personale con rapporto di dipendenza e personale con rapporto di collaborazione.

Il personale dipendente è formato dal direttore della Comunità, che la rappresenta maggiormente ed è identificato dai ragazzi come un grande "padre", un grosso punto di riferimento e autorevolezza ed è presente in struttura per quasi tutto il giorno;da una psicologa e pedagogista, che è anche vice-direttrice della Comunità ,questa figura si occupa dei colloqui d’ingresso e di quelli con le famiglie, presiede spesso, in alternanza con il direttore , gli incontri educativi dei ragazzi che si tengono ogni giorno, è presente solo la mattina;

da sette educatori (4 uomini e 3 donne ) che seguono l’intero gruppo dei ragazzi in ogni momento della giornata, e rappresentano il riferimento più prossimo per loro, sia affettivo che educativo e terapeutico, gli educatori svolgono dei turni giornalieri e notturni, sono presenti a coppie sempre diverse fra loro ad eccezione di un’educatrice che lavora solo di mattina; ed infine è presente una segretaria che si occupa esclusivamente dell’amministrazione,( ad orario spezzato durante tutto il giorno.).

Il personale in rapporto di collaborazione è composto da una psicologa e psicoterapeuta che svolge la funzione di conduttrice per la supervisione dei casi ed è presente a tutte gli incontri équipe, è un grosso riferimento scientifico e formativo per tutta équipe in particolare per gli educatori; da un medico che è contattato al bisogno; da uno psichiatra, anche lui al bisogno, e da una professoressa di lingue, distaccata dal Ministero della Pubblica Istruzione per la Comunità , che si occupa del recupero scolastico di chi deve terminare gli studi dell’obbligo.

IL PROGRAMMA EDUCATIVO

Il programma educativo della Comunità è stato elaborato e viene periodicamente verificato da un qualificato comitato scientifico psico-pedagogico formato da esperti del settore,che si riunisce periodicamente con i responsabili della Comunità per studiare, affrontare ed approfondire l’andamento della stessa.

Il programma educativo per i ragazzi contempla diversi passaggi, che sono:

Scoperta di se stessi e della società, di ideali e valori per cui valga la pena vivere e impegnarsi, e interesse per essi;

Accettazione della propria persona, del proprio corpo e del suo cambiamento, del diventare uomo e donna;

Costruzione di un corretto rapporto, critico e significativo con l’adulto;

Relazione responsabile con i coetanei dello stesso sesso e di sesso diverso;

Inserimento e collaborazione in gruppi ed attività;

Educazione alla progettualità, al ritmo e alla verifica nel e del lavoro;

Costruzione dell’autonomia e dell’indipendenza proprie dell’inizio e del proseguimento di ogni attività e di ogni impegno.

La Comunità e gli operatori cercano di offrire ai ragazzi un ambiente di confronto che dia loro la possibilità di identificarsi con figure adulte e significative. Si privilegia per questo obiettivo il dialogo con gli educatori e gli altri ospiti, la discussione in gruppo , gli incontri formativi e culturali, la costruzione di regole di convivenza, la concreta e quotidiana organizzazione della vita.

Il programma educativo e terapeutico è suddiviso in fasi, questo per permettere ai ragazzi di riuscire a "futurare" le tappe che devono guadagnarsi e a valutare adeguatamente la progressione del loro "lavoro" in Comunità. Nel prepararle si è considerata la giovane età dei ragazzi; le fasi che essi devono percorrere sono state pensate dal loro punto di vista, sono numerose e di breve durata. Ad ognuna corrisponde un significato ed un tempo particolare. Il loro incedere segue un teorico ed auspicabile percorso cronologico ed evolutivo, esse sono comunque indicative a livello di massima, perché possono essere personalizzate a seconda dei bisogni del singolo ragazzo.

Le fasi sono 7:

    1. Fase di prova: la motivazione. Tendenzialmente ha la durata di un mese, è considerata come una situazione di "limbo" in cui il ragazzo viene a trovarsi; ha il valore di mostrare e di dimostrare da parte del ragazzo la sua decisione, la sua accettazione a restare in Comunità.
    2. Prima fase: l’ambientamento. Dura quattro mesi; vuole compiere un lavoro di tipo comportamentale, ancora iniziale e propedeutico al vero lavoro educativo e terapeutico. Rappresenta l’ambientamento alla nuova situazione di vita, di relazione e di comportamento in cui si trova.
    3. Seconda fase: l’adattamento e l’accettazione. Dura sei mesi; in questa fase avviene un grosso processo di accettazione della Comunità in genere, degli operatori, della sua stessa persona e della sua storia.
    4. Terza fase: fase terapeutica di consolidamento.Dura 6 mesi; rappresenta la fase più significativa dell’iter che la persona può raggiungere in Comunità. Il ragazzo scopre di essere e poter essere un’altra , nuova persona,può finalmente sentirsi protagonista.
    5. Quarta fase: le dimissioni. Dura dai 6 agli 8 mesi.Dopo la consapevolezza e la crescita personale raggiunte, c’è il nuovo traguardo del reinserimento nell’ambiente d’origine, ci si mette alla prova fuori dal luogo protetto della Comunità.In questo periodo gli ospiti possono stare in struttura anche part-time.

6.Quinta fase: dopo comunità. Essa, tendenzialmente, dura per "sempre". Deve favorire un rapporto diverso rispetto a quello che l’utente aveva in Comunità e che non è utile interrompere bruscamente. Si possono studiare ed organizzare momenti di incontro e di verifica con i ragazzi dimessi.

LE ATTIVITA’ DELLA GIORNATA

Le giornate in Comunità sono pensate per aiutare i ragazzi a dare un ordine, un equilibrio e un senso alla loro vita, dimensioni queste, scarsamente vissute nel contesto precedente.

Offrono la possibilità di far sperimentare agli ospiti, tutte quelle situazioni proprie del quotidiano che aiutano a crescere, come una scansione equilibrata e un uso proprio del tempo, dello spazio, degli oggetti, dell’ordine, permettendo di vivere i sentimenti che si creano attorno ad esse di attesa, di sacrificio, di responsabilità, di gratificazione, e di fatica.

La programmazione delle giornate è ben definita anche per permettere agli ospiti di sapere sempre quello che si farà e in che modo, per ritmare adeguatamente : il tempo per lavorare, quello per pensare e riflettere su se stessi e quello per socializzare; tutto questo genera una sorta di tranquillità, di abitudine all’ordine comunitario che rende più efficace l’intervento educativo svolto équipe.

Questo l’ordine delle attività:

alle ore 7.00 l’educatore. Sveglia il gruppo che ha il compito di preparare la colazione; alle ore 7.30 c’è è la sveglia per tutti, si cura la propria igiene e si riordinano le proprie camere; alle 8.00 colazione per tutti, chi deve raggiungere una propria sede di lavoro o di studio esce; alle 8.15 si programma la giornata, l’educatore. Insieme al responsabile di turno indica quali sono i compiti da svolgere e chi li deve svolgere, i tempi di lavoro ed eventualmente altre indicazioni particolari sulla giornata; alle 8.30 si iniziano i lavori , dapprima tutti iragazzi sono tenuti alle pulizie, divisi per turni ed in settori, sia delle loro camere, che dei locali di uso comune, successivamente iniziano gli impegni più strutturati; alle 11.00 si fa un incontro di gruppo a carattere formativo e culturale;

alle 12.00 c’è uno spazio individuale: alle 2.30 si pranza e poi si può riposare o avere spazio per l’individualità; alle 15.00 c’è un incontro informativo per riprendere i ragazzi che non hanno svolto adeguatamente il compito assegnatogli alla mattina, hanno un po' di tempo per recuperare le cose, pena una sanzione che decide l’educatore.

Poi si riprendono i lavori , alle 17.00 c’è la pausa per il tè; alle 18.30 l’incontro terapeutico che suddivide i ragazzi in due sottogruppi: i minorenni e i maggiorenni. I due educatori quindi seguono i due diversi gruppi , questo per permettere di esperire appieno le possibilità dei singoli ospiti e rendere più adeguato l’intervento educativo. Alle 19.00 spazio personale, e alle 20.00 la cena. In serata in genere si lascia libero il tempo per guardare la tv o per giocare, ed eventualmente per uscire, tutto a valutazione dell’operatore in servizio; alle 22.30 c’è il ritiro in camera e alle 23.00 si spengono le luci.

Durante gli incontri con i ragazzi vengono proposte dagli educatori. Delle riflessioni sullo svolgimento della giornata per dare l’opportunità ai ragazzi di esprimersi e rapportarsi agli altri.

IL " PUNTO"

Una parte fondamentale della riunione settimamale di gruppo, è costituita dalla discussione del "Punto" che ogni ragazzo riceve e sostiene quindicinalmente.

Il "Punto" è lo strumento privilegiato scelto équipe terapeutica per effettuare gli interventi educativi-terapeutici sul ragazzo . E’ lo strumento che maggiormente consente di individualizzare l’intervento per ogni ospite.

Col "punto", che rappresenta una sorta di diario tra il singolo e équipe terapeutica, si esprimono alcune importanti indicazioni circa la fase in cui il ragazzo si trova, le conquiste fatte, il gruppo di appartenenza ( giovani o anziani - valutata dal tempo trascorso ). Inoltre il "punto " contiene ed illustra le osservazioni che gli operatori vogliono esprimere al singolo, e che possono essere di tipo comportamentale, contenutistiche, di richiamo, di sollecitazione.

Esprimono un giudizio, una situazione su cui lavorare, un’attenzione su cui riflettere; tutti questi elementi vogliono significare al ragazzo la gradualità ed il tempo necessario per compiere un cammino riabilitativo, testimoniano la progressione o la regressione, le mete raggiunte e le eventuali limitazioni o possibilità di corrispondenza visite, rientri a casa, telefonate.

 

 

L’EQUIPE

Si amano piuttosto definire "gruppo operativo" qui nelle Marche. Si incontra una volta alla settimana ed è condotta dal responsabile della Comunità con la partecipazione della psicologa per la supervisione dei casi.

Si occupa sia del carattere educativo che di quello organizzativo,;valuta la situazione di ogni singolo e prepara gli ulteriori interventi con lo stesso e ciò soprattutto attraverso il "punto". L’equipe prevede inoltre riflessioni , studi e verifiche sul programma adottato.

L’INCONTRO CON LE FAMIGLIE

La sua funzione principale è quella di far partecipare la famiglia al lavoro che i figli svolgono in Comunità, permettendo così ai genitori di armonizzare la loro proposta educativa con quella viene espressa in Comunità.

Generalmente le famiglie vengono in visita una volta al mese, all’incontro gli educatori mettono al corrente dei progressi di ogni singolo ( gli ospiti non partecipano ); i famigliari inoltre possono fare domande e interagire con l’equipe.

Recentemente si sono introdotti nell’incontro i ragazzi più anziani, quelli che stanno terminando il percorso : a loro è affidato il compito di spiegare ai genitori dei nuovi ingressi , come realmente funziona la struttura, cosa ha rappresentato per loro e quale impegno e lavoro i loro figli dovranno affrontare, di che cosa avranno maggiormente bisogno .

Questo intervento rasserena e incoraggia molto i nuovi genitori, che possono verificare quanto la Comunità possa essere , insieme a loro , importante per il recupero dei propri figli.

 

 

LA MIA ESPERIENZA IN COMUNITA’

Come ho già anticipato, ho iniziato questa esperienza con molto entusiasmo: ero sicura che questo sarebbe stato un tirocinio estremamente positivo per me, ma nella realtà le cose sono andate ancor meglio di quanto potessi sperare , perchè è stato sorprendente come le cose vissute in quella struttura abbiano avuto una forte ripercussione dentro di me.

L’esperienza di tirocinio si è andata a definire progressivamente giorno dopo giorno, ed è stato come un gioco di conquiste di spazi , luoghi e rapporti da parte mia.

La Comunità si trova spesso ad ospitare tirocinanti e visitatori a vario titolo , e forse questo, e una certa quantità di lavoro, porta la struttura a non seguire troppo da vicino i tirocinanti; infatti mi sono ritrovata un po' "buttata" come a mare dentro la realtà comunitaria. Il responsabile mi aveva accolto con molta disponibilità offrendomi subito la collaborazione degli operatori per lo svolgimento del mio lavoro, ma di fatto inizialmente , era un po' come se non esistessi per loro ed ero soprattutto io a rincorrerli per la comunità.

In un primo momento questa situazione mi ha un po' infastidita, perchè mi sembrava inopportuna , ma poi mi ha contrariamente stimolata , per effetto d’urto direi, a cercare modalità diverse di rapporto, conquistando la loro disponibilità e il loro tempo: rimaneva il fatto che io ero ospite a casa loro, e dal momento che di ospiti ne avevano sempre tanti da non farsene più caso, doveva essere l’ospite a rendersi gradito e opportuno.

Così le cose si sono progressivamente evolute fino ad ottenere una grossa disponibilità di tempo e una consistente partecipazione emotiva alla mia persona, alle mie domande, al mio dialogo con loro, fino a coinvolgermi indirettamente anche negli incontri con i ragazzi : e questa per me è stata una grossa e gratificante conquista.

Per quel che riguarda invece l’aspetto organizzativo e lo spazio , è andato tutto molto bene, perchè fin da subito mi hanno offerto la possibilità di condividere l’intera giornata con i ragazzi, e di partecipare a tutte le équipe terapeutiche, lasciandomi libera di scegliere gli orari.

L’approccio con i ragazzi è stato invece da subito molto buono, ed io mi sono stupita della loro accoglienza nei miei confronti, anche perchè ho condiviso con loro le discussioni dei "punti" , nelle quali emergono con tutto loro stessi, esponendosi molto al giudizio altrui; e non deve essere stato facile pensare di esporsi anche di fronte ad una persona sconosciuta quale ero io.

Non ho molte altre esperienze di confronto per sostenere cosa possa essere poco adeguato, a me personalmente è piaciuta molto questa struttura , l’unica cosa che mi sentirei di suggerire è un contesto ricreativo-culturale più ampio: dal momento che risiedono anche persone adulte che non frequentano studi specifici, io penserei a introdurre magari alcuni strumenti come letture comuni, films e altro di simile per sviluppare un opinione una riflessione sull’esterno della Comunità, ma questo è un aspetto marginale direi.

I momenti più significativi dell’esperienza in Comunità sono stati sicuramente quelli che mi hanno coinvolto umanamente nell’incontro con gli altri: ad esempio le storie di vita che i ragazzi mi hanno raccontato; i momenti legati ai "punti".

Questi momenti hanno rappresentato molto per me, perchè mettevano in discussione tutti i bisogni, le fatiche e i limiti umani con cui tutti quanti -non solo i ragazzi - devono fare i conti per poter crescere e proseguire. Di conseguenza a questo aspetto mi è molto piaciuto il metodo d’intervento educativo che segue un suo stile specifico legato alla persona dell’operatore come primo strumento educativo-terapeutico e al significato della Comunità come segno d’appartenenza a te stesso e al mondo : filosofia questa che io ho personalmente definito e battezzato in "Pensare in Grande".

La Comunità offre l’accoglienza di una "quasi" nuova famiglia, o meglio di una famiglia allargata, un piccolo mondo protetto che ripropone nel suo piccolo tutte le situazioni di vita concrete atte a far emergere l’uomo, una famiglia con un grande "padre", anche questa è una figura importante che esprime -nella figura del responsabile- una grossa cura , un affetto verso gli ospiti, una presenza autorevole. Ho notato come molti ragazzi fossero sinceramente legati a questa persona , obbedendogli anche solo per richiesta, per stima; altro concetto significativo:"Avere cura di sè e degli altri".

La Comunità è un luogo dove tutti si è responsabili di tutto , armoniosamente ogni cosa si interconnette con altre , come accade nei rapporti tra i ragazzi ,anche gli scontri e le punizioni diventano strumenti di crescita , opportunità per riconoscersi e affermarsi in qualità di persone ricche e capaci, questo il concetto emergente della Comunità : la possibilità di essere e di esprimere la libertà della propria persona , capace di fare della propria vita un evento importante e significativo, contrariamente a quanto la tossicodipendenza relega e chiude.

L’evoluzione dell’uomo è legata al superamento degli ostacoli che si interpongono davanti, sul suo percorso, nell’affrontarli egli si prova, si sperimenta, sbaglia riprova e cambia metodo, verifica le proprie potenzialità , ne acquisisce altre, scopre i propri limiti, ed è nel superare l’ostacolo , la difficoltà, che acquisisce una nuova consapevolezza di sè, una nuova appartenenza: altro concetto comunitario: "A chi appartieni?" , dare un senso religioso alla propria vita ,sento di essere molto grata a questa esperienza e alle persone che vi ho incontrato, nessuno escluso; confesso di stare ancora elaborando e riflettendo su quanto vissuto e tutto questo ricco bagaglio con cui sono tornata a casa mi pone in discussione continua, sia professionalmente che personalmente, due cose inscindibili per me in questo ruolo di educatore professionale che sto acquisendo; ho molte domande aperte...,